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Totò nel Rione Sanità

Totò nel Rione Sanità

Clemente Esposito, ovvero Antonio Griffo Focas Flavio Angelo, Ducas Comneno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio, in arte Totò, nacque e ancora vive nel Rione Sanità.

Anche se per Totò furono celebrati addirittura tre funerali (i primi due a Roma e a Napoli, il 15 aprile 1967 ed il terzo nel Rione Sanità, in occasione del trigesimo), in realtà il Principe della Risata è ancora vivo e vegeto tra la sua gente.

Ti proponiamo allora di fare la sua conoscenza, andando sulle tracce di Totò per le strade che lo hanno visto bambino, adolescente e giovanotto.

Per ragioni di cortesia, proviamo innanzitutto a cercarlo proprio sotto la casa natale, al civico n. 109 di via S. Maria Antesaecula. Al primo piano del palazzo, accanto alla targa che lo riconosce “comico impareggiabile per la sua mimica, uomo di nobili sentimenti e poeta insigne”, potresti vedere sul balcone al primo piano il Principe che fa quattro chiacchiere con il giovane Attore napoletano che ha acquistato questo appartamento ad un’asta giudiziaria ed ora sta provando a rimetterlo a posto.

Se però il Maestro e il Discepolo non sono in casa, Ti consigliamo di proseguire per la stessa via S. Maria Antesaecula e, dopo pochi metri, sostare in laica meditazione avanti l’altarino dedicato al nostro dio della Comicità (…ora pro nobis – Sophia Loren, ora pro nobis – Brigitte Bardot, ora pro nobis…); ancora un po’ oltre, e puoi anche gustare nel bar omonimo il caffè ispirato all’illustre Cittadino della Sanità.

A questo punto, terminata via S. Maria Antesaecula e sorpassata la Chiesa di S. Severo, proseguendo per le rampe di salita Cinesi Totò ti appare nella surreale veste di “arte povera” cucita per lui dal Maestro Riccardo Dalisi. Il Principe, così vestito, è stato fatto salire su di un pilastro nella recinzione del “Giardino degli aranci” (alle spalle della stessa Chiesa); e come sempre è stato al gioco, senza nulla appretendere.

Proprio di fronte al “Giardino degli Aranci” Totò, in carne ed ossa, si potrebbe poi riaffacciare dal balcone al primo piano del palazzo dove interpretò la celebre scena dell’episodio “Il guappo” (nel film tratto del romanzo “L’oro di Napoli” di Giuseppe Marotta). In realtà si tratterebbe di Don Saverio Petrillo che – proprio per le vie del Rione Sanità – svolgeva l’antica professione di “pazzariello” mentre Don Carmine Lavarone, il guappo del Rione, da anni si era insediato a casa sua dettando legge. Ma il momento della rivincita arrivò quando al Guappo, dopo un presunto infarto, venne consigliato di astenersi da fatiche ed emozioni intense. A questo punto, Totò-Don Saverio prese il coraggio a quattro mani e cacciò via il Guappo da casa sua. Ed è proprio dal balcone al primo piano di questo palazzo che Totò gettò in strada, in maniera plateale, il baule con i colletti bianchi delle camice di Don Carmine e, tra lo stupore della folla, annunciò a tutto il quartiere la sua “liberazione”.

Dopo questa visione memorabile, ridiscendendo le rampe dei Cinesi ed andando verso piazza S. Maria della Sanità, potresti gustare un altro caffè, che il Principe certamente ti offrirà al “suo” bar situato proprio di fronte alla Chiesa di S. Maria.

Altrimenti puoi ritornare verso il Borgo Vergini dove, nel Palazzo dello Spagnolo, Totò ti avrebbe con piacere accompagnato al secondo piano per visitare il suo “Museo”. Ma il Museo deve ancora aprire, i lavori devono ancora terminare… Totò non ci tiene tanto, ma da tempo non riesce a “trovare” una nuova “casa” nel Rione Sanità. Se volete sapere perché leggete pure il libro “Totò memories. Vent’anni di inutili attese” (di Carlo Maria Alfarano, Annalisa d’Inverno e Daniela Giordano).

Tutto sommato, però, Totò non ha gran che bisogno di una casa nel Rione. Casa sua, a nostro modesto avviso, è Napoli e dovunque si pratica il piacere dello sberleffo irriverente, dell’ironia arguta e dell’umorismo intelligente ma anche dovunque vivono gli “uomini”, non i “caporali”, parte di quell’umanità dolente che, in tante vesti, il Principe ha interpretato.

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Info

  • Totò nacque in via S. Maria Antesaecula il 15 febbraio 1898 e qui visse fino all’età di 20 anni. Lo stesso Principe così racconta la sua adolescenza vissuta nel Rione Sanità “il più famoso di Napoli”. “La domenica pomeriggio le famiglie napoletane usavano riunirsi nella case dell’una o dell’altra, e là chi suonava la chitarra, chi diceva la poesia e chi cantava. Erano riunioni per bene, niente pomiciamenti. I giovanotti guardavano le ragazze, gli tenevano la mano, si innamoravano. Io facevo scenette comiche, per gioco. Fu in quel modo che cominciai. Finchè mi prese la cotta per la sciantosa e mi buttai.”  Trasferitosi a Roma, intorno ai veni anni (per seguire il padre Giuseppe de Curtis che, nel frattempo aveva sposato la mamma Anna Clemente), il Principe non ritorno più a vivere a Napoli e nel suo Rione dovette andarci sempre con tutte le cautele – quasi in incognito – tanto era l’affetto che la sua gente gli riservava.  L’ultima volta alla Sanità Totò ci ritorno “in spirito”, il 22 maggio 1967: in occasione del trigesimo della morte, il guappo del Rione Luigi Campolongo (detto Nase ‘e cane) volle organizzare un vero e proprio nuovo funerale, che si svolse nella Chiesa di S. Maria della Sanità, con tanto di bara (vuota). Migliaia di persone parteciparono, a testimoniare il perenne affetto dei Napoletani per il Principe della risata.
  • Le vicende relative al Museo di Totò nel Palazzo dello Spagnuolo ed all’acquisto della casa d’infanzia di Totò da parte di un attore napoletano sono esaustivamente trattate e minuziosamente documentate nel libro “Totò memories. Vent’anni di inutili attese” (edizioni Marotta & Cafiero), di Carlo Maria Alfarano, Annalisa d’Inverso e Daniela Giordano.
  • L’oro di Napoli fu diretto da Vittorio De Sica nel 1954 e si compone di sei episodi tratti dall’omonimo libro scritto da Giuseppe Marotta nel 1947. L’episodio “Il guappo”, di cui Totò è protagonista, è ambientato nel Rione Sanità. Oltre la scena in cui Totò – Don Saverio caccia il Guappo da casa è famosa quella in cui, nelle vesti del “pazziarello”, scende per le rampe dei “Cinesi”. Il “pazzariello” è stato un mestiere svolto a Napoli dalla fine del ‘700 fino alla metà del ‘900: si trattava di una specie di banditore ambulante che, in abiti d’epoca da generale borbonico, pubblicizzava i prodotti di una nuova cantina o puteca (negozi di vini o alimentari) ballando per le strade accompagnato da una piccola banda di suonatori.

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